L’AFFAIRE PICPUS

L’AFFAIRE PICPUS

La Quinta Praticabile presenta: Enrico Bonavera in L’Affaire Picpus
Liberamente ispirato al racconto: il Naso di N. Gogol
Di Enrico Bonavera e Christian Zecca
Luci e fonica: Pietro Striano
La marionetta è di: Daniele De Bernardi
Maschere: Cesare Guidotti
Scene e costumi: ZEBO, Neva Viale
Progetto grafico: Francesco Lepore
Organizzazione: Andrea Scarel
Regia: Christian Zecca

“L’ AFFAIRE PICPUS” è il frutto dell’ incontro tra Christian Zecca ed Enrico Bonavera.

Per strade e biografie del tutto diverse, capita, ed è cosa rara, di condividere improvvisamente una direzione e scoprire affinità che aspettano solo di trovare confronto concreto in un progetto.

Quando abbiamo pensato di riprendere il discorso interrotto nel precedente “NASO ALL’ARIA”, spettacolo del solo Bonavera del 1998, sapevamo con chiarezza che questa nuova creazione doveva possedere due caratteristiche:  essere un recital di Enrico – con nasi posticci al posto della maschere di cui è noto e affermato interprete –  e nello stesso tempo la messa in scena di una storia che avesse per tema il ‘Naso’ come archetipo, come simbolo della individuazione della persona.

Volevamo anche che il lavoro fosse surreale e patafisico, drammaturgicamente libero e un po’ ‘scellerato’: in qualche modo desse libero corso alle nostre associazioni mentali e al nostro divertimento.

Inizialmente siamo partiti da un riferimento preciso : “il NASO”, racconto di N. Gogol dalla raccolta ‘I Racconti di Pietroburgo’ e, un po’ in soggezione, abbiamo cercato di restare fedeli al suo assunto.

Poi, insoddisfatti  dalla nostra ingiustificata cautela e dubbiosi sul finale proposto dall’ autore russo, abbiamo finalmente deciso di seguire il nostro ‘istinto’  e proseguire la storia liberamente portandola alle sue estreme conseguenze fantastiche, lasciandoci a quel punto ispirare dagli altrettanto beneamati Bulgakov e Kafka.

Mai avremmo immaginato che, volendo emanciparci dal contesto russo e cambiando nome al protagonista – qui chiamato Picpus con una scelta del tutto ‘automatica’ e non ragionata – avremmo incontrato tanti riferimenti alla cultura francese e alla sua storia.

Picpus infatti, esisteva già : è la misteriosa persona che firma, in un noto romanzo di Simenon della serie Maigret, il biglietto lasciato sopra il corpo senza vita di una chiromante.

Ma Picpus è anche il nome di una via parigina dove si trova l’ unico omonimo cimitero in cui vennero tumulate più di mille salme – di cui solo un centinaio davvero ritrovate – decapitate durante il Periodo del Terrore della Rivoluzione Francese. Tra questi il poeta Andrè Chenier.

E il convento limitrofo è citato da  M. Foucault nel suo saggio “Storia della Follia nell’ età classica”, come uno degli ospedali in cui erano ospitati alcune persone dementi.

In effetti lo spettacolo è la storia di una separazione – di una ‘scissione’ – di cui Picpus è vittima.

La storia di Picpus è  quella di un uomo mediocre,  in  qualche modo sconosciuto, il cui naso sparisce e non intende tornare, nonostante egli si prodighi in ricerche affannose e tentativi di riconciliazione.   Quel naso,  che ha acquistato vita propria, si afferma nel mondo con tutte quelle qualità di cui Picpus è privo o di cui dentro di sé aveva sempre rimosso l’esistenza.

Il Naso, in preda ad una costante e imbarazzante euforia, darà la scalata al potere, andrà alla conquista del mondo intero, come una entità /idea pensiero, che una volta creata condiziona la vita stessa delle persone,  che non hanno a quel punto altra possibilità che venirne implicati.

Una scelta determinante per la ‘macchina teatrale’ è stata quella di non mettere in scena il protagonista della storia, ma fare dei personaggi che girano intorno a lui, i veri protagonisti, accompagnati, nel loro manifestarsi, da un Narratore dalla ambigua identità.

Comicità e delirio vanno a costituire uno spettacolo di un’ ora un quarto, in cui  Bonavera si cimenta in 13 diversi personaggi con altrettanti nasi, in un tourbillon di esilaranti quanto inquietanti caratterizzazioni, scivolando con leggerezza sul filo rosso di una follia che porta ad un finale escatologico e a sorpresa.

 

 

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